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"L'ultimo colpo l'aveva lasciata stordita, sdraiata di traverso, con la schiena poggiata alla parete e le gambe allungate davanti a sé, come se già stessero correndo via, senza di lei. Vesna alzò una mano che tremava all'estremità di un braccio che non le pareva più suo, avvolto dal tessuto grigio di una tuta; si toccò la testa, sulla nuca. Ritrasse la mano sporca di sangue, questa volta il colpo inferto le aveva causato una ferita. Anche le costole erano malmesse, ogni volta che respirava, tra un singhiozzo e l'altro, le parevano le canne sfiatate di un vecchio organo. La donna tentò di sollevarsi in piedi, incespicando con le gambe che sembravano sacchetti di sabbia, instabili. Si appoggiò con le mani sul letto matrimoniale, dal comodino prese un fazzoletto e se lo tenne premuto sulla testa, mentre si sdraiava, raccogliendosi in posizione fetale. Chiusa in un grembo che sperava la riparasse, la celasse agli occhi di lui... allo sguardo del suo amore".